Psr Campania, Comitato di Sorveglianza: l’informativa del Valutatore indipendente

Nel corso del Comitato di Sorveglianza del Psr Campania 14-20, svoltosi a Napoli martedì 10 dicembre 2024, Virgilio Buscemi della Lattanzio Kibs, società che espleta il Servizio di Valutazione indipendente, ha illustrato i principali risultati emersi dal Rapporto di Valutazione 2024 (anno di riferimento 2023) del Programma.
Questi i punti salienti dell’informativa.
Beneficiari
Nel 2023, a fronte di una spesa pubblica erogata di € 1.781.475.934 (pari al 73,8% della dotazione del Psr), i beneficiari di almeno una forma di sostegno sono stati complessivamente 36.507, vale a dire il 45% delle aziende agricole censite da Istat nel 2020. Il dato è ancora più significativo se si considera la forte contrazione (- 42%) del numero totale di imprese agricole tra gli ultimi due censimenti.
Il 97% dei beneficiari sono imprese agricole mentre il 3% è rappresentato da ‘altre categorie’ (enti pubblici, imprese agroindustriali, ecc.).
Il 56% delle aziende agricole beneficiarie ha ricevuto sostegno esclusivamente dalle misure connesse alla superficie e/o agli animali, il 10% solo dalle misure strutturali e il 34% sia dalle misure a superficie che da quelle strutturali.
Il 27% dei beneficiari sono under 40 e il 21% è costituito da aziende biologiche. Inoltre il 38% delle ditte individuali beneficiarie è condotta da donne.
Il 57% dei beneficiari opera nella macroarea D (aree rurali con problemi di sviluppo) e il 33% nella macroarea C (aree rurali intermedie). In queste stesse macroaree si concentra la maggior parte delle aziende biologiche beneficiarie (59% del totale).
Infine, il 28% delle aziende beneficiarie ha Orientamento tecnico economico (Ote) ‘Frutticoltura’, il 20% ‘Policoltura’ e il 10% ‘Coltivazioni e allevamento miste’ (include le aziende con Ote non specializzato, caratterizzato da un’ampia diversificazione colturale con compresenza, spesso integrazione funzionale, tra attività di coltivazione e allevamento).
Agricoltura biologica
Dal 2014 al 2022, in Campania, si è registrata una crescita del +395% delle superfici agricole biologiche e del +182% del numero delle imprese bio (+313% se si considerano esclusivamente i produttori esclusivi), con valori assoluti e percentuali superiori alla media nazionale.
Nel 2022 la Superficie agricola utilizzata (Sau) regionale condotta con metodi di produzione di agricoltura biologica ha raggiunto l’estensione complessiva di 101.759 ettari, pari al 19,3% della Sau totale della Campania (il dato nazionale si attesta al 18,6%).
Dal rapporto tra Sau biologica e Sau complessiva regionale emerge che la frutta biologica rappresenta il 33% della Sau regionale, la rilevanza della quota biologica dei prati permanenti e pascoli (27%), olivo (24%) e vite (16%) ed il ‘peso’ più contenuto del biologico per ortaggi (12%), cereali (12%) e colture industriali (9%).
Ed ora il contributo della misura 11 del Psr all’agricoltura biologica campana.
Complessivamente la superficie a biologico sostenuta dal Programma rappresenta il 57% del totale delle superfici regionali condotte con metodi di produzione di agricoltura biologica. In particolare, le incidenze maggiori si registrano per le colture foraggere (98%), i cereali (97%), le colture industriali (78%), l’olivo (76%) e la frutta (75%).
Le principali motivazioni che hanno indotto i beneficiari della misura 11 del Psr ad adottare il metodo di produzione biologico sono di tipo ‘ambientale’: ridurre la pressione dell’agricoltura sull’ambiente (68% delle risposte) e incrementare la qualità e salubrità delle produzioni agricole (65%). Meno rilevanti le motivazioni di tipo “economico” collegate alla realizzazione di prezzi di vendita più elevati (32% delle risposte) e all’accesso al premio della misura 11 (24%).
Sempre in relazione ai beneficiari della misura 11, l’indagine del Valutatore indipendente ha rivelato che solo una modesta quantità delle produzioni, pari al 23,9%, è commercializzata con etichetta biologico. A registrare le percentuali più elevate i settori delle produzioni frutticole (31,1%) e olivicole (30,8%). Fanalino di coda il settore zootecnico-foraggero (1,3%).
Per il 60% dei beneficiari intervistati la motivazione delle ridotte percentuali di produzione certificabile commercializzata con etichetta risiede nel fatto che, nei mercati di riferimento, la domanda di prodotto etichettato è limitata. Il 16% ha risposto che il prezzo del prodotto certificato ed ‘etichettato’ non è remunerativo dei costi di certificazione ed ‘etichettatura’, un altro 16% che la differenza di prezzo tra il prodotto ‘non etichettato’ rispetto a quello ‘etichettato’ è troppo contenuta mentre il restante 8% che il prodotto è venduto attraverso canali già consolidati che non chiedono l’ ‘etichettato’ (es.: Gdo e Horeca).
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