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Il ritorno del riso in Sicilia

Il ritorno del riso in Sicilia

Di Paolo Caruso e Paolo Guarnaccia Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania

Da qualche anno in Sicilia, in un paio di aziende localizzate nella Piana di Catania e nell’entroterra Ennese grazie alla passione e alla volontà di alcuni agricoltori si è ripreso a produrre riso, una pianta che da più di un secolo non veniva coltivata nell’Isola.
La reintroduzione del riso è stata stimolata dalla collaborazione che si è instaurata tra questi imprenditori agricoli, alcuni docenti e ricercatori del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania (Di3A) e il Dr. Massimo Biloni, uno dei maggiori esperti di riso in Europa.
Il riso, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, può trovare in Sicilia condizioni ottimali per esplicare le proprie potenzialità produttive; se posto in condizioni ottimali, ovvero presenza di terreni pesanti e ben livellati e con elevate disponibilità idriche può rappresentare un’ottima alternativa a colture a ciclo primaverile estivo dal minore reddito.
Oggi la Sicilia, grazie all’assenza di fenomeni di stanchezza del terreno, è una delle pochissime regioni dove questa pianta si può coltivare in regime di agricoltura biologica e questa condizione sta diventando uno dei fattori trainanti per la reintroduzione del riso. Il prodotto sin qui raccolto non registra problemi di tipo commerciale, riesce infatti a essere venduto immediatamente spuntando prezzi molto interessanti.
Sono state provate diverse cultivar appartenenti ai gruppi sottoelencati e tutte hanno dato eccellenti risposte in termini quantitativi e qualitativi, in alcuni casi sono state superate le 10t/ha.

Cenni storici

Il riso (Oryza sativa) ha un’origine asiatica, in Himalaya lungo il versante cinese si sono originate le forme di riso Japonica, mentre nelle aree a sud della catena montuosa si sono sviluppate quelle Indica.
In Europa la coltura del riso ebbe inizio in un’epoca non ben definita, collocabile tra il 600 e il 700 d.C., sebbene il cereale fosse stato ripetutamente citato da autori latini e greci già alcuni secoli prima dell’era cristiana.
Diodoro Siculo da Egira, presso Enna in Sicilia (60-30 a,C,) nella Bibliotheca historica, fu uno dei primi autori in Occidente a fare riferimento al riso. Con buona probabilità le prime coltivazioni di riso ebbero inizio in Sicilia nell’VIII secolo, contemporaneamente alla diffusione in Spagna.
Dagli Atti del Congresso risicolo internazionale di Vercelli del 5-8 novembre 1912, Caruso afferma che il riso fu introdotto in Sicilia dagli arabi nel 728 e che nell’anno 253 dell’Egira (875 d.C.) il riso era tassato come le altre derrate alimentari. Fu appunto nel II secolo d.C. che gli Arabi si sostituirono ai Bizantini in Sicilia.
Gli arabi, durante la loro permanenza in Sicilia, introdussero pietanze fatte col riso che trasportavano mischiandolo con carne e modellato in palle che ne agevolavano il loro trasporto, riconducibili a primitive arancine. Ibn-al’Awwam, nel 1100, descrive, nel suo Libro sull’agricoltura, con dovizia di particolari le complesse fasi relative alla coltivazione del riso in Sicilia.
Tra Siracusa e Catania vi è la più vasta zona paludosa della piana di Lentini, resa famosa nella storia dalle guerre tra gli eserciti di Sparta e Atene; si ritiene che quest’area abbia ospitato la coltivazione dl riso per lungo tempo fino ai secoli a noi più vicini.
Si ha traccia dello sviluppo, a partire dal 1579, di un centro di coltivazione alla foce del fiume Jato, in provincia di Palermo.
Oltre a queste zone, il riso veniva coltivato in provincia di Agrigento, di Palermo e in provincia di Enna, nelle campagne di Centuripe e Regalbuto.
Lo storico Carmelo Trasselli (1910-1982) nel suo saggio ‘Produzione e commercio dello zucchero in Sicilia dal XIII al XIX secolo’ scrive di coltivazioni di riso presenti nelle zone tra Termini Imerese e Campofelice di Roccella che sostituivano le piantagioni di canna da zucchero a causa delle mutate condizioni idriche.
Gregorio Barnaba La Via nel suo trattato di agricoltura registrava l’assenza di risaie perenni e il loro inserimento nelle normali rotazioni colturali.
Un decreto datato 1 Gennaio 1820 a firma del governo borbonico proibì, per motivi igienici, la coltivazione del riso in luoghi prossimi ai centri abitati.
Nel 1912 in Sicilia si registravano 252 ettari coltivati a riso in provincia di Siracusa (Augusta, Lentini e Carlentini) e 275 ettari in provincia di Catania (Ramacca, Paternò, Belpasso e lungo il fiume Simeto).
Cartina della distribuzione delle risaie in Italia agli inizi del XX seocolo. Fonte: Renzo Angelini, 2008. Il Riso (Coltura & Cultura)
Diversi studiosi si sono cimentati riguardo la tecnica colturale del riso, tra questi il botanico Giovanni Gussone, che condusse delle prove sperimentali di “riso secco cinese” nel Real Feudo di Boccadifalco in provincia di Palermo e il La Via.
Quest’ultimo descrisse compiutamente la tecnica colturale dell’epoca per la coltivazione del riso; si cominciava con un’adeguata livellazione del terreno, successivamente si suddivideva in parcelle denominate “caseddi”, all’interno delle quali tra la fine di marzo e l’inizio di aprile si irrigava e si seminava utilizzando semente posta precedentemente in acqua e ricoperta da erba.
Dopo le operazioni di semina, il terreno veniva svuotato dell’acqua presente ed i semi in superficie riuscivano a radicare e germinare e una volta raggiunto un adeguato sviluppo, veniva ripresa l’irrigazione.
Tra Maggio e Giugno si eliminavano le infestanti e a settembre, quando il riso giungeva a perfetta maturazione, si procedeva alla falciatura e al raggruppamento in frasche.
Parte del riso raccolto veniva conservato per la semina dell’anno successivo, il resto veniva prima pulito nell’aia e successivamente macinato da muli o cavalli, che giravano attorno ad una colonna. Infine il riso veniva trasportato ai mulini per la “brillatura”, dove i chicchi di riso venivano pestati da pistoni, mossi dalla rotazione del mulino, rivestiti nella parte finale da sughero per fare distaccare la pula. Dopo le operazioni di pesatura il riso veniva stoccato nei magazzini per essere conservato.
La Via scriveva che i gabelloti del feudo di Cuticchi, per la coltivazione del riso disponevano dell’acqua del fiume Gornalunga come fosse propria e realizzavano delle aperture denominate “prese” (aperture) nella parte inferiore del fiume per impedire la naturale pendenza dell’acqua e provocare l’inondazione dei terreni vicini coltivati a riso.
I primi ad accorgersi della possibilità di coltivare riso nei pressi di quel fiume furono i Baroni della Sigona, Michelangelo e Giuseppe Agatino Paternò Castello.
Come descritto da Maria Concetta Calabrese nel suo libro ‘Baroni imprenditori nella Sicilia moderna’, il barone di Sigona usava l’acqua del suo feudo per le colture, specialmente per quella del riso. Il figlio Giuseppe Agatino era anch’egli un abile imprenditore che incrementava il commercio del riso sia nel suo feudo che negli altri che prende in affitto per coltivarne ancora e venderlo. Le mule dei bordonari trasportano il riso, accuratamente insaccato, da Sigona a Vaccarizzo da dove viene imbarcato per Capo Mulini con destinazione Catania, Acireale o Messina, o al caricatore di Agnone con
Michelangelo, cadetto dei principi di Biscari, si ritrovò erede dopo il terremoto del 1693 dei beni di alcuni familiari morti a causa di quell’evento e si fece carico della progettazione e costruzione di un acquedotto in grado di regimare e convogliare le risorse idriche che gli appartenevano fino a Catania.
A metà del XVII secolo ci fu una lunga contesa molto grave tra l’Università di Caltagirone e i Baroni dei feudi attraversati dal Gornalunga. Il fiume aveva inondato i feudi confinanti provocando la perdita delle colture (tra cui quelle a riso) e diversi altri danni. Il feudo più colpito fu quello di Cuticchi, nella zona di Lentini. I Baroni, in precedenza, in considerazione degli elevati margini di guadagno della coltivazione del riso, avevano fatto allargare il letto del fiume realizzando due piccoli “controfossi” in entrambe le sponde dell’antico alveo del fiume. Una serie di piene del Gornalunga provocarono la distruzione delle opere messe in atto dai nobili con un notevole danno economico.
Il fiume Gornalunga non era nuovo a queste manifestazioni distruttive ed ogni volta, che si ripetevano più o meno regolarmente, anche nel 2010 vi sono state delle esondazioni che, seppur non abbiano distrutto attività economiche, hanno messo a rischio numerose vite umane.
Successivamente, durante il periodo dell’unità d’Italia, furono promosse delle iniziative legislative volte a disincentivare le coltivazioni di riso siciliano, a favore delle produzioni del Nord Italia alle quali ovviamente il riso siciliano faceva “concorrenza”.
In epoca fascista vi fu un intervento noto come “la bonifica integrale”, ovvero la realizzazione di bonifiche in diverse parti d’Italia che posero fine alla presenza delle zone paludose ed acquitrinose in Sicilia dove veniva coltivato il riso, responsabili di problemi di tipo ambientale e sanitario.

Attualmente il riso in Sicilia, oltre ai fattori pedoclimatici limitanti descritti precedentemente, ha un problema legato alla chiusura della filiera, la granella prodotta purtroppo non può essere ‘sbramata’ ed eventualmente ‘brillata’ nell’Isola a causa dell’assenza di impianti idonei alle operazioni post raccolta. Il riso raccolto nell’Isola, per diventare un prodotto commerciabile, deve oltrepassare lo stretto ed arrivare a Sibari in Calabria, dove è attiva una filiera completa, o a Vercelli, centro produttivo tra i più importanti d’Europa.
L’auspicio è che una delle misure del prossimo P.S.R. possa essere dedicata alla chiusura di questa filiera che potrebbe rappresentare per l’agricoltura Siciliana un’ottima alternativa alle colture primaverili-estive prodotte attualmente.

dott. Paolo Caruso, D3A Catania; direttore tecnico Simenza- cumpagnia siciliana sementi contadine.
prof.  Paolo Guarnaccia, docente D3A Catania.

Bibliografia
Renzo Angelini, 2008. Il Riso (Coltura & Cultura)
Maria Concetta Calabrese, Baroni Imprenditori nella Sicilia Moderna Michelangelo e Giuseppe Agatino Paternò Castello di Sigona, Maimone Editore.
Prof. Sac. Paolo Cultrera, 1869 Catalogo di prodotti agricoli siciliani
Renzo Angelini, 2008. Il Riso (Coltura & Cultura)
Storia dello zucchero siciliano / Carmelo Trasselli ; introduzione di Orazio Cancila. – Caltanissetta ; Roma : S. Sciascia, 1982. – XXXII, 346 p.

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